• Gennaio 28, 2025
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di Alessandra Schofield

Le parole dell’economia Cos’è l’inflazione e perché ci riguarda. Sentiamo spesso parlare dell’inflazione nei notiziari, ma cosa significa davvero? Scopriamo insieme questo fenomeno che, sebbene possa sembrare complesso, è più semplice di quanto si pensi.

Cos’è l’inflazione? 

L’inflazione è l’aumento generale e continuo dei prezzi di beni e servizi in un determinato periodo di tempo. In pratica, significa che il denaro perde valore: con la stessa somma di denaro si possono acquistare meno cose rispetto al passato. Facciamo un esempio concreto: se oggi con 10 euro possiamo comprare una pizza, ma tra un anno la stessa pizza costa 12 euro, l’inflazione ha aumentato il prezzo del 20%. 

Da cosa dipende? 

L’inflazione può essere causata da diversi fattori. Se materie prime o energia diventano più costose, anche i prezzi dei prodotti finiti aumentano. Inoltre, quando la domanda di un bene supera l’offerta disponibile, i prezzi tendono a salire.

L’inflazione in Italia dal 2022 al 2025 

Tra il 2022 e il 2025, l’Italia ha vissuto un andamento molto particolare dell’inflazione. Nel 2022, il tasso medio ha raggiunto l’8,1%, un livello eccezionalmente alto causato dall’aumento dei costi energetici e delle materie prime, legato anche alla guerra in Ucraina e alle difficoltà nella catena di approvvigionamento globale.

Nel 2023, l’inflazione ha iniziato a rallentare, scendendo al 5,7%. I prezzi continuavano a salire, ma a un ritmo più moderato. Nel 2024, il tasso si è ulteriormente ridotto, raggiungendo circa l’1%, avvicinandosi all’obiettivo del 2% fissato dalla Banca Centrale Europea, considerato ideale per la stabilità economica. Le previsioni per il 2025 indicano una lieve ripresa dell’inflazione, con un tasso stimato intorno all’1,5%, considerato gestibile e non preoccupante.

Un salto nel passato 

L’inflazione più alta registrata in Italia risale al 1980, quando il tasso annuo raggiunse il 21,2%. Il picco massimo su base annua, però, si verificò nel novembre 1974, toccando il 25,2%. Entrambi i periodi furono caratterizzati da crisi economiche globali, come le crisi petrolifere degli anni Settanta, che ebbero un impatto significativo anche sull’economia italiana.

Perché i prezzi non scendono quando l’inflazione diminuisce? 

Anche quando l’inflazione rallenta, i prezzi non tornano ai livelli precedenti: continuano a salire, ma più lentamente. Per vedere una vera riduzione dei prezzi sarebbe necessaria la “deflazione”, ovvero un calo generale e prolungato dei prezzi. Tuttavia, la deflazione è generalmente considerata dannosa per l’economia. Quando i prezzi calano, consumatori e aziende tendono a rimandare gli acquisti, aspettandosi ulteriori riduzioni. Questo comportamento frena l’economia, riducendo il flusso di denaro e penalizzando le imprese. Inoltre, la deflazione rende più gravosi i debiti: se prezzi e salari scendono, ma i debiti rimangono invariati, diventa più difficile ripagarli.

Un equilibrio ideale 

Per questi motivi, una leggera inflazione controllata, intorno appunto al 2%, è considerata ottimale. Mantiene l’economia in movimento, garantendo una crescita stabile senza gli effetti negativi di un’inflazione eccessiva o di una deflazione.

L’inflazione e i mutui 

L’inflazione ha un impatto diretto sui tassi di interesse e, di conseguenza, sui mutui. Quando l’inflazione aumenta rapidamente, la Banca Centrale Europea interviene alzando i tassi di interesse. Questo rende i mutui, soprattutto quelli a tasso variabile, più costosi, poiché le banche trasferiscono sui consumatori l’aumento del costo del denaro. Anche i nuovi mutui a tasso fisso diventano più cari. Al contrario, quando l’inflazione rallenta, la BCE può abbassare i tassi di interesse per stimolare l’economia. Questo rende i mutui più economici e incoraggia le persone a spendere e investire. 

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