di Alessandra Schofield
Secondo una recente rilevazione ISTAT, nel 2022 si è registrato un numero più alto di decessi sia nei mesi più freddi (gennaio e dicembre) sia in quelli più caldi (luglio e agosto).
In questi pochi mesi, infatti, è avvenuto circa il 40% delle morti totali nello scorso anno.
Questo è purtroppo un segnale che le condizioni climatiche avverse – che sappiamo essere in costante peggioramento – incidono pesantemente non solo sull’economia, ma sulla vita stessa delle persone. E a pagare lo scotto più alto, come sempre, è la popolazione più anziana e fragile, soprattutto femminile.
Preoccupa il fatto che – tolto il 2020, in cui l’impatto della pandemia è stato devastante – il 2015, il 2017 e il 2022 sono stati caratterizzati da picchi di mortalità nei mesi estivi e invernali. Se si considera che questo in precedenza era avvenuto solo nel 2003, abbiamo una chiara indicazione degli effetti del cambiamento climatico sulla nostra stessa sopravvivenza, anche considerando che la popolazione italiana sta progressivamente invecchiando.
Ciò è confermato dal fatto che le aree del Centro e del Nord, dove l’età delle persone è mediamente più elevata, registrano nei quattro mesi analizzati un tasso di mortalità maggiormente elevato rispetto al Mezzogiorno, dove la popolazione è più giovane e quindi meno soggetta ai fattori di rischio.