Secondo le previsioni contenute nel recente Report Censis nel 2024 i finanziamenti pubblici al Sistema Sanitario Nazionale verranno ridotti ed a questo ambito verrà destinata una quota pari al 6,2% del Pil (-0,4% rispetto al 2010).
Può sembrare una diminuzione contenuta che però – se effettiva – si ripercuoterebbe inevitabilmente sul livello di erogazione delle prestazioni SSN sul territorio italiano.
Inoltre, il Censis sottolinea che prossimamente si registrerà una seria carenza di tutto il personale sanitario (medici, infermieri ed altri operatori). Dal 2008 al 2020, infatti, il rapporto medici/abitanti è passato da 19,1 a 17,3 per 10.000 abitanti, mentre quello relativo agli infermieri da 46,9 a 44,4. Il personale ingaggiato per far fronte all’emergenza Covid è stato assunto in forma temporanea: solo il 6,3% dei medici e solo il 27,4% sono stati assunti a tempo indeterminato. Non solo “Uno degli effetti del blocco delle assunzioni – riferisce l’Istituto – è stato il progressivo innalzamento dell’età media del personale del Ssn. L’età media dei 103.092 medici del Ssn è di 51,3 anni, tra gli infermieri l’età media è di 47,3 anni”. Questo significa che tra il 2022 e il 2027 andranno in pensione, ad esempio, 11.865 medici di medicina generale.
L’assenza di ricambio generazionale nell’ambito della sanità pubblica – ripetutamente denunciato dagli stessi “camici bianchi” – è destinato a complicare ulteriormente il quadro già in constante peggioramento soprattutto in termini di tempi di erogazione delle prestazioni. Nello stesso tempo, l’allungamento della durata di vita delle persone impone di rispondere alle contestuali nuove necessità di cure anche a lungo termine.
Iniziare a pensare alle coperture sanitarie integrative è un modo per garantirsi l’accesso alla prevenzione e alle prestazioni eventualmente necessarie con l’indispensabile efficacia e tempestività.
di Alessandra Schofield
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